Dal XIII secolo abbiamo le prime documentazioni sulla storia delle maschere di Carnevale con notizie su produzione, scuole e tecniche di realizzazione. In quel periodo fanno la loro comparsa i primi strumenti per la lavorazione di argilla, cartapesta, gesso e garza, tradizionalmente usati nella realizzazione delle maschere veneziane. Gli artigiani che fabbricavano maschere, chiamati maschereri, erano dei veri e propri artisti che creavano maschere sempre più dettagliate e fantasiose, con disegni, ricami, perline, piumaggi e quant’altro.

Mestiere che prosegue anche ai nostri giorni e che mantiene la tradizione creando anche nuove maschere dettate dalla creatività dei maschereri. Poche sono le botteghe di maschere da visitare a Venezia che siano tradizionali e artigianali: Ca’ Macana, con laboratorio artigianale e La Bauta con maschere in cartapesta fatte secondo tradizione.

A Venezia era abitudine usare una maschera per tutto il periodo di Carnevale, dal giorno di Santo Stefano fino alla mezzanotte del Martedì Grasso. I veneziani indossavano maschere specifiche.

Solo dal XVII secolo con l’aumento delle compagnie teatrali nacquero vere e proprie attività legate al mondo della commedia teatrale e dell’artigianato dei costumi e delle maschere. E da questo momento, con l’andar del tempo, le maschere aumentarono e si aggiunsero ai travestimenti carnevaleschi: Arlecchino, Balanzone, Colombina, Pantalone, ecc.
La definizione stessa di commedia dell’arte nacque proprio a Venezia attorno al 1750, grazie a Carlo Goldoni che ne introdusse il termine. Le sue opere venivano rappresentate durante il Carnevale di Venezia. Il teatro di Goldoni ed il Carnevale sono considerati una preziosa fonte documentaria.

Le maschere che si usavano solitamente, prima e dopo l’avvento delle commedia dell’arte, erano:

la Baùta

Poteva avere due modi di essere indossata:

o come semplice maschera che cela il viso ma permette di bere e mangiare (la Baùta maschera o Larva), oppure come costume completo (la Baùta costume) formata da un mantello, o tabarro, di colore scuro, un cappello a tricorno nero e la Larva.

Usata spesso anche a teatro e nelle feste, la bauta veneziana veniva portata anche nella vita quotidiana, per corteggiare o essere corteggiati in reciproco anonimato.

la Moretta

una piccola maschera ovale in velluto scuro, da portare con un cappellino ed indumenti raffinati.

Si distingue dalle altre maschere veneziane tradizionali per essere ‘muta’: la maschera infatti si reggeva sul volto tenendo in bocca un bottone interno.

Originaria dalla Francia, la Moretta si diffuse velocemente a Venezia perché particolarmente adatta ai lineamenti femminili.

la Gnaga

Maschera usata dagli uomini per impersonare figure femminili.

Il tradizionale costume della Gnaga prevede indumenti femminili e una maschera con le sembianze da gatta.

Durante i festeggiamenti del Carnevale di Venezia, la maschera poteva essere completata da una cesta sotto braccio che solitamente conteneva un gattino.