Le due colonne di San Marco e di San Teodoro (Tòdaro) si erigono di fronte al bacino di San Marco verso il molo e sono in marmo e granito. Furono trasportate in città dall’Oriente come bottino di guerra e costituiscono l’ingresso a Venezia per chi proveniva dal mare. Originariamente dovevano essere tre, ma una venne persa in laguna affondata assieme alla nave che la portava. La colonna verso Palazzo Ducale porta in cima la statua del leone alato, simbolo di San Marco, la colonna verso la Biblioteca Marciana porta la statua di San Teodoro, primo protettore della città, santo bizantino e guerriero.
Vien che te fasso veder mi che ora che xe… (Vieni che ti faccio vedere io che ora è) Con questo detto, una volta a Venezia, si minacciavano i ragazzini indisciplinati o disobbedienti amplificando, in realtà, quella che una volta era una seria minaccia.
Infatti dalla metà del XVIII secolo lo spazio tra le due steli venne destinato a luogo delle esecuzioni capitali, quindi minacciare qualcuno di vedere l’ora si riferiva appunto al povero condannato che dando le spalle alla laguna, come ultima cosa vedeva la Torre dell’orologio dei Mori di fronte a lui.
Tuttora tra la popolazione locale persiste l’uso superstizioso di non attraversare lo spiazzo tra le colonne 🙂
Una curiosità (da wikipedia):
“Lo spazio fra le due colonne era anche l’unica “zona franca”, in cui si poteva legalmente giocare d’azzardo, privilegio concesso a Nicolò Barattiero (o Barattieri), ovvero colui che riuscì a trovare un modo erigere le pesanti strutture lasciate a lungo stese a terra: attraverso l’utilizzo di grosse corde che venivano fissate all’estremità di una colonna e quindi bagnate, esercitando così una forte trazione che consentiva di alzarle di pochi centimetri e di infilarvi sotto delle zeppe di legno, il costruttore bergamasco, che si era già distinto nella costruzione della cella campanaria del Campanile di San Marco, compì in questo modo l’opera di sollevare le pesanti colonne senza danneggiarle”.